25

Non appena gli infermieri ebbero finito di medicare le contusioni e i lividi causati dagli scossoni del volo durante il duello col Fokker rosso e il suo pilota sconosciuto, i bambini furono restituiti ai rispettivi genitori. Pitt rimase accanto a Kelly, inebetita dal dolore, finché il corpo della sua amica Mary Conrow non fu trasportato dall'apparecchio su un'ambulanza. Poi, mentre la polizia circondava l'aereo con un cordone, Dirk e Kelly furono scortati verso le autopattuglie per il trasferimento al distretto più vicino, dove sarebbero stati interrogati.

Prima di allontanarsi, Pitt girò tutt'intorno al vecchio trimotore Ford, rattristato alla vista dei danni che aveva subito e stupito che fosse riuscito miracolosamente a restare in volo, prima di posarsi sul prato di Sheep Meadow. Esaminò la sezione di coda crivellata di proiettili, coi fori nitidi nella parte superiore delle ali, e i cilindri dei due motori Pratt and Whitney, danneggiati dai colpi, che cominciavano a raffreddarsi crepitando e sprigionando sottili ghirigori di fumo.

Appoggiando la mano sul parafango di una ruota del carrello, mormorò: «Grazie».

Poi chiese all'agente di polizia se potevano fermarsi un momento vicino al relitto del Fokker, prima di andare al distretto. L'uomo annuì, indicando loro l'autopattuglia più vicina.

Il Fokker rosso, che era finito su un enorme olmo a sei metri da terra, sembrava un aquilone accartocciato. I vigili del fuoco, al lavoro sulla scala di un'autopompa, osservavano dal basso i rottami dell'aereo. Pitt scese dall'auto della polizia, passando sotto l'apparecchio, e si fermò a guardare il motore che si era staccato dai supporti, sprofondando in parte nel terreno erboso. Notò sorpreso che non era un motore moderno, bensì un Oberursel 9 cilindri originale, capace di una potenza di 110 cavalli vapore. Poi alzò la testa verso la carlinga aperta.

Era vuota.

Pitt guardò tra i rami dell'albero, prima di studiare il terreno ai piedi dell'aereo. Un giubbotto di pelle da aviatore, insieme col casco di cuoio e gli occhialoni, che avevano le lenti macchiate di sangue, erano l'unica traccia del pilota.

Era svanito, quasi per miracolo.

Mentre Kelly veniva interrogata dagli agenti, Pitt poté fare una telefonata per mettersi in contatto con una società locale di manutenzione degli apparecchi e dare ordine che il trimotore fosse smontato e riportato a Washington, dove lo avrebbe fatto riparare e riportare alle condizioni precedenti da esperti nel restauro di aerei d'epoca. Poi chiamò Sandecker per fare rapporto sulla situazione.

Dopo aver fatto quelle telefonate, Pitt si sedette con tutta calma a una scrivania vuota nella sede del distretto, dedicandosi a risolvere il cruciverba del New York Times finché non lo chiamarono. Lui e Kelly si abbracciarono, quando lei uscì dall'ufficio dove quattro agenti investigativi erano in attesa intorno a una scrivania di quercia tutta segnata, che tradiva la venerabile età dal numero di vecchie bruciature di sigaretta sulla superficie.

«Il signor Pitt?» fece un uomo piccolo di statura, con un paio di baffi sottili. L'agente investigativo era senza giacca e portava delle bretelle sottili.

«È così che mi chiamo.»

«Sono l'ispettore Mark Hacken. I miei colleghi e io vorremmo farle alcune domande. Le dispiace se registriamo il colloquio?»

«Niente affatto.»

Hacken non si offrì di presentare gli altri tre uomini presenti, nessuno dei quali aveva l'aspetto dei poliziotti che si vedono in TV. Sembravano tutti degli anonimi vicini di casa, di quelli che falciano il prato ogni sabato mattina.

Hacken cominciò invitando Pitt a parlare brevemente di sé, per spiegare in che cosa consisteva il suo lavoro alla NUMA e come mai aveva portato il suo vecchio aereo alla manifestazione di beneficenza in favore dei bambini disabili. Gli altri investigatori gli rivolsero qualche domanda, ma perlopiù si limitarono a prendere appunti, mentre Pitt descriveva il volo dal momento in cui era decollato coi bambini disabili a bordo dal campo di volo Gene Taylor fino all'atterraggio nel prato di Sheep Meadow, in pieno Central Park.

Uno degli agenti investigativi guardò Pitt, dicendo: «Sono pilota anch'io, e spero che lei si renda conto che potrebbe finire in carcere per le sue bravate, per non parlare del brevetto».

Pitt lo guardò con un pizzico di spavalderia. «Se salvare la vita a quindici bambini disabili fa di me un criminale, così sia.»

«Avrebbe potuto farlo anche evitando di sorvolare il fiume e le strade cittadine.»

«Se non avessi imboccato Wall Street quando l'ho fatto, ci avrebbe senz'altro abbattuto e saremmo precipitati nel fiume. Si fidi di me, quando dico che non ci sarebbero stati superstiti.»

«Comunque deve ammettere che ha corso un rischio terribile.»

Pitt si strinse nelle spalle con indifferenza. «È ovvio che non sarei qui, se non avessi corso quel rischio.»

«Ha idea del motivo per cui l'altro pilota era disposto a rischiare la distruzione di un aereo che valeva un milione di dollari, caricandolo con armi antiche ancora funzionanti e attaccando un vecchio apparecchio carico di bambini disabili?» gli chiese Hacken.

«Vorrei saperlo», rispose Pitt, eludendo la domanda.

«Si figuri io», ribatté Hacken in tono sarcastico.

«Ha idea di chi fosse il pilota?» domandò a sua volta Pitt.

«Nessuna. È riuscito a fuggire, facendo perdere le sue tracce tra la folla.»

«L'apparecchio deve pur avere un numero di registrazione, che dovrebbe permettere di risalire al proprietario.»

«I nostri esperti non hanno ancora avuto la possibilità di esaminare l'aereo.»

«I funzionari dell'organizzazione del raduno devono senz'altro avere i suoi documenti di registrazione», osservò Pitt. «Abbiamo dovuto firmare tutti dei documenti per l'assicurazione. Dovrebbero pur dirvi qualcosa.»

«In questo campo lavoriamo in collaborazione con la polizia del New Jersey. Tutto quello che possono dirci, per ora, senza aver approfondito le indagini, è che un collezionista di aerei ha telefonato per segnalare che un apparecchio identico era parcheggiato in un hangar presso un piccolo campo di volo nei pressi di Pittsburgh. Sostiene che il proprietario è un certo Raul St. Justin.»

«Si direbbe un nome falso», suggerì Pitt.

«Siamo d'accordo con lei», ribatté Hacken. «Conosceva St. Justin, o comunque si chiami?»

«No.» Pitt fissò con fermezza l'ispettore. «Abbiamo scambiato soltanto qualche parola prima del decollo.»

«Di che cosa avete parlato?»

«Del suo triplano. Sono sempre stato affascinato dagli aerei d'epoca. Nient'altro.»

«Allora non lo aveva mai incontrato prima?»

«No.»

«Potrebbe fornirci una descrizione e collaborare col nostro disegnatore per creare un identikit del suo volto?»

«Sarò lieto di collaborare.»

«Siamo spiacenti di aver dovuto imporre questo interrogatorio a lei e alla signorina Egan, ma, visto che Mary Conrow è morta, siamo di fronte a un'indagine per omicidio, senza contare le accuse di avere messo a repentaglio la vita dei cittadini. È stato un miracolo che nessuno sia rimasto ucciso quando il triplano vi ha inseguiti a bassa quota per le vie della città e l'elicottero della polizia è stato abbattuto vicino a un incrocio molto frequentato.»

«Posso soltanto ringraziare il cielo per questo», rispose Pitt con sincerità.

«Penso che per ora sia tutto», stimò Hacken. «Ovviamente lei e la signorina Egan dovrete restare in città finché l'indagine non sarà conclusa.»

«Temo che questo sia impossibile, ispettore.»

Hacken inarcò le sopracciglia. Non era abituato a sentirsi dire da un testimone in un caso importante che intendeva lasciare la città. «Posso sapere perché?»

«Perché faccio parte di una squadra del governo che indaga sull'incendio scoppiato a bordo della nave da crociera Emerald Dolphin, oltre che su un atto di pirateria compiuto ai danni di una nave oceanografica della NUMA. La mia presenza è richiesta a Washington.» Pitt fece una pausa per accentuare l'effetto. «Naturalmente immagino che vorrà chiederne conferma al mio superiore, l'ammiraglio Sandecker, della National Underwater and Marine Agency.» Tirò fuori il portafogli per mostrare all'ispettore la tessera della NUMA. «Ecco il numero telefonico.»

Hacken passò in silenzio la tessera a uno dei suoi agenti, che uscì dalla stanza.

«Ha finito con me? Vorrei accompagnare a casa la signorina Egan.»

L'ispettore annuì, accennando alla porta. «La prego di aspettare fuori finché non avremo verificato il suo coinvolgimento col governo e le indagini di cui ha parlato.»

Pitt trovò Kelly rannicchiata su una panca di legno, con l'aria afflitta di una bambina abbandonata sui gradini di un orfanotrofio. «Ti senti bene?»

«Non riesco a rassegnarmi alla morte di Mary», gli rispose in tono mesto. «Era amica di mio padre da molti anni.»

Gli occhi di Pitt corsero da un capo all'altro dell'ufficio affollato, per vedere se qualcuno stava ascoltando la loro conversazione. Quando fu sicuro che nessuno li sentiva, le chiese: «Fino a che punto Mary era vicina a tuo padre?»

Lei lo fissò con rabbia. «Erano amanti, se è questo che vuoi sapere.»

«Non è quello che voglio sapere», ribatté Pitt sottovoce. «Fino a che punto era al corrente dei progetti di tuo padre?»

«Ne sapeva molto. Dato che io avevo la mia carriera ed ero quasi sempre lontana, lei gli faceva da confidente, segretaria, cameriera e governante, almeno quando non era in servizio come pilota.»

«Lui ti parlava mai del suo lavoro?»

Kelly scosse la testa. «Papà era un uomo molto riservato. Diceva sempre che spiegare il suo lavoro a qualcuno che non fosse uno scienziato o un ingegnere sarebbe stato impossibile. L'unica volta che me ne ha parlato, è stato a bordo dell'Emerald Dolphin. Era molto fiero della concezione tecnica alla base dei motori della nave e, una sera, a cena mi ha spiegato i principi della magnetoidrodinamica.»

«È tutto qui quello che ti ha detto?»

«Dopo qualche martini al bar, mi ha confidato di aver fatto una scoperta che avrebbe segnato l'inizio di una nuova era.» Kelly si strinse nelle spalle con aria malinconica. «Io credevo che a farlo parlare fosse il gin.»

«Allora Mary era la sola persona al corrente delle sue attività.»

«No.» Lei alzò la testa come se vedesse qualcuno. «C'è anche Josh Thomas.»

«Chi?»

«Il dottor Thomas era amico di mio padre, e a volte gli faceva da assistente. Avevano frequentato insieme il MIT, prendendo il dottorato nello stesso periodo, papà in ingegneria e Josh in chimica.»

«Sai come metterti in contatto con lui?»

«Sì.»

«Dov'è il laboratorio di tuo padre?»

«A casa sua, non lontano dal campo di volo Gene Taylor.»

«Puoi chiamare il dottor Josh Thomas? Vorrei incontrarlo.»

«C'è un motivo particolare?»

«Si può dire che muoio dalla voglia di scoprire qual è questa scoperta capace di segnare l'inizio di una nuova era.»

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